Ecco i fatti
E’ accaduto a febbraio. Due infermieri e otto operatori socio-sanitari, dipendenti di due case di riposo hanno rifiutato la prima dose del vaccino Pfizer. Il giorno dopo, sono stati messi in ferie forzate dalla direzione delle Rsa che li aveva giudicati inidonei al lavoro.
Successivamente sono stati sottoposti alla visita del medico del lavoro.
Quest’ultimo aveva definito i sanitari inidonei al servizio. Questo ha consentito ai vertici delle case di riposo di allontanare i lavoratori dalle loro attività e di non versare più loro lo stipendio stante l’impossibilità di svolgere la mansione lavorativa prevista.
Gli operatori no vax hanno subito fatto ricorso al Tribunale sostenendo che la nostra Costituzione garantisce la libertà di scelta vaccinale. n particolare l’art 32 sancisce che nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.
Il giudice ha ritenuto invece di voler far prevalere l’obbligo del datore di lavoro di mettere in sicurezza i suoi dipendenti e le parti terze, cioè gli ospiti delle case di riposo. Sono state ritenute “insussistenti” le motivazioni degli operatori che hanno rifiutato il vaccino. Sono state così confermate le misure adottate dal datore di lavoro.
I sanitari no vax non sono stati licenziati, ma sospesi.
Questo significa che potrebbero essere reintegrati nei loro posti di lavoro, con effetto immediato, solo al termine dell’emergenza Covid, quando non ci saranno più rischi per loro stessi o per gli ospiti della struttura o magari subito se decideranno di vaccinarsi.
Sicuramente si tratta di una sentenza pilota in tema di ricorsi su questo aspetto.
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